Riappropriamoci della nostra città non è uno slogan nostalgico né una parola d’ordine vuota. È una presa di posizione politica chiara: la città non è un bene da consumare, né un territorio da subire passivamente, ma uno spazio collettivo da governare insieme. In un tempo segnato da disuguaglianze crescenti, crisi ambientale e sfiducia nelle istituzioni, la cittadinanza attiva torna a essere il cuore pulsante della democrazia locale.
Per troppo tempo le decisioni che hanno trasformato i nostri quartieri sono state prese lontano dai cittadini, spesso piegate a logiche di breve periodo o a interessi particolari. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: consumo di suolo, spazi pubblici impoveriti, servizi diseguali, solitudine sociale. Riappropriarsi della città significa invertire questa rotta, rimettere al centro le persone, i legami, la qualità della vita.
La partecipazione non è un ornamento della politica, ma il suo fondamento. Assemblee di quartiere, bilanci partecipativi, consulte civiche, comitati e associazioni non sono ostacoli al governo della città: sono strumenti di intelligenza collettiva. Quando i cittadini partecipano, le decisioni sono più giuste, più efficaci e più durature. La città diventa un laboratorio di democrazia quotidiana, non un semplice perimetro amministrativo.
In questo percorso, la sostenibilità ambientale è una priorità non negoziabile. Riappropriarsi della città significa difendere e rigenerare gli spazi verdi, ripensare la mobilità in chiave pubblica e sostenibile, investire sull’efficienza energetica e sull’economia circolare. Non si tratta solo di “ambiente”, ma di salute, di giustizia tra generazioni, di diritto a respirare aria pulita e a vivere in quartieri non sacrificati al traffico o al cemento.
Accanto alla sostenibilità ambientale, c’è quella sociale. Una città sostenibile è una città che non lascia indietro nessuno: che combatte le povertà, garantisce accesso ai servizi, promuove l’inclusione, valorizza le differenze come una ricchezza. La partecipazione è anche questo: dare voce a chi non ce l’ha, costruire politiche dal basso, riconoscere il ruolo fondamentale del volontariato, del terzo settore, delle reti informali di solidarietà.
Riappropriarsi della nostra città significa anche riappropriarsi del tempo e dello spazio della politica. Vuol dire smettere di delegare tutto, rompere l’idea che “tanto non cambia nulla”, e scegliere invece l’impegno, la cura, la responsabilità condivisa. È un atto profondamente politico, perché mette in discussione un modello di città governato dall’alto e propone un’alternativa fondata sulla cooperazione e sul bene comune.
La città del futuro non si costruisce solo con piani regolatori e opere pubbliche, ma con comunità consapevoli e partecipi. Riappropriamoci della nostra città, allora, non come gesto di protesta fine a sé stesso, ma come progetto collettivo. Perché una città più giusta, più verde e più solidale non nasce per caso: nasce quando i cittadini decidono di essere protagonisti.



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